2008 Corvette ZR-1 - General Motors ha presentato ufficialmente la nuova super Corvette. A spingerla sarà il 6.2 litri V-8 per l’occasione dotato di sovralimentazione

La Corvette ZR-1 che debuttò nel lontano 1989 era dotata del V-8 siglato LT5 da 375 hp. Oggi, a quasi vent’anni di distanza, lo small-block V-8 raggiunge una potenza di 620 hp ed una coppia massima pari a 807 Nm. E’ la vettura di serie più potente mai costruita da General Motors! E sicuramente la prima cosa che salta all’occhio nell’osservare la nuova ZR-1 è il pannello trasparente che lascia intravedere la parte alta del motore, siglato LS9.

Il motore
Il blocco cilindri è in lega di alluminio con i cappelli di banco fissati mediante sei diversi bulloni, quattro verticali e due laterali. All’interno del blocco in alluminio sono fissate le 8 canne cilindri in ghisa per un rapporto caratteristico del motore che prevede una corsa di 92 mm e un diametro di 103.25 mm. L’albero motore, ottenuto per forgiatura, per il lato di fissaggio del volano prevede una flangia a 9 bulloni, una scelta attuata per garantire maggior resistenza nell’accoppiamento. Giusto per informazione ricordiamo che gli altri motori delle Corvette, come ad esempio l’LS3, sono dotati di una flangia a 6 bulloni. Sulla parte opposta dell’albero motore è montato uno smorzatore torsionale in grado di gestire gli elevati carichi cui questo motore viene sottoposto (vedi immagine sotto).

I pistoni sono forgiati in alluminio mentre le bielle sono in titanio; il tutto per un rapporto geometrico di compressione di 9.1:1. La testata, molto simile alla famiglia dei motori L92, viene però prodotta con una particolare lega di alluminio: la A356T6 tra le cui migliori caratteristiche annoveriamo la capacità di gestire meglio le temperature che si generano durante l’esercizio. Naturalmente si tratta di un’architettura a 2 valvole per cilindro.
La parentela tra la testa dell’LS9 e quella dell’L92 non significa però che non vi siano sostanziali modifiche. Per migliorare il flusso della carica compressa, e quindi l’efficienza fluidodinamica del sistema, sono state rivisti pesantemente i condotti di aspirazione della testa. Le valvole di aspirazione, con fungo da 55 mm, sono state realizzate in Titanio mentre quelle di scarico, aventi diametro del fungo da 40.4 mm, sono raffreddate al Sodio. La guarnizione delle testate è del tipo a quattro strati per garantire la tenuta anche in occasione delle notevoli pressioni che si generano nella fase attiva. L’alzata delle valvole di aspirazione e scarico è identica e pari a 14.1 mm. Il coperchio delle punterie è specifico per questo motore e prevede il fissaggio diretto delle bobine.
Il circuito di lubrificazione è del tipo a carter secco ed è simile a quello che è stato disegnato per il motore LS7 ma è dotato di una pompa di maggiori capacità.

Il sistema di sovralimentazione
Il sistema di sovralimentazione prevede un compressore tipo Roots, siglato R2300, a quattro lobi, sviluppato appositamente per questo motore dalla Eaton. La pressione massima relativa che raggiunge è pari a 0.72 bar mentre la sua cilindrata totale è pari a 2.3 litri.

Il sistema di sovralimentazione è chiaramente dotato di un circuito di raffreddamento con intercooler aria/acqua che in condizioni limite riesce ad abbattere la temperatura della carica compressa anche di 60 °C. In realtà lo scambiatore si compone di due elementi identici montati a fianco del compressore stesso. Per avere un’idea delle prestazioni di questo motore basti sapere che durante i test di messa a punto i tecnici General Motors hanno rilevato alcuni dati sbalorditivi: a soli 3.000 giri/min questo motore sviluppa già 300 hp ma, cosa ancora più incredibile, a soli 1.000 giri/min sono già disponibili oltre 430 Nm di coppia. Tra l’altro sottolineo ancora una volta la finezza progettuale che si sposa con il senso estetico: l’intercooler è infatti visibile attraverso la superficie trasparente del cofano.
Tutte le finezze progettuali che si trovano su questo motore derivano, oltre che da un processo di analisi dettagliato di ogni particolare, anche dall’esperienza maturata nella realizzazione dell’LS7 che viene montato sull’attuale Z06. Non è un caso se ambedue i motori vengono assemblati a mano nel medesimo stabilimento, quello di Wixom nel Michigan.

Il sistema di iniezione
L’LS9 è stato dotato di iniettori ad altissima portata (48 lb/h pari a circa 0.45 kg/h) con un sistema di distribuzione del combustibile ottenuto attraverso uno speciale rail ottimizzato per il flusso in corrispondenza dei due regimi di funzionamento più estremi: quello a basso carico, e basso numero di giri, e quello ad elevato carico (corpo farfallato completamente aperto) ed elevato numero di giri. Proprio in questo senso sono state pensate le due modalità di pressione: 250 kPa per le portate basse e 600 kPa per la richiesta delle prestazioni massime. Il corpo farfallato è caratterizzato da un diametro di 87 mm ed è del tipo a farfalla unica.

La trasmissione
Il cambio manuale a sei marce è il Tremec TR6060 dotato di frizione a doppio disco da 260 mm di diametro. Naturalmente questo cambio è, per quanto riguarda il layout generale, il medesimo sviluppato per le Corvette model year 2008 ma opportuni irrobustimenti sono stati necessari per adeguarlo alle caratteristiche prestazionali dell’LS9. Infine, parlando sempre di trasmissione, ricordo che la velocità massima viene raggiunta con la sesta marcia.

I rapporti del cambio, in ordine dalla prima alla sesta, sono i seguenti: 2.29:1, 1.61:1, 1.21:1, 1.00:1, 0.81:1, 0.67:1. La retro ha un rapporto di 3.1:1 mentre il rapporto al ponte è pari a 3.42:1.

Telaio, sospensioni, freni e pneumatici
Notevole la gommatura con imponenti cerchi da 19″ all’anteriore e da 20″ al posteriore. La dotazione in primo equipaggiamento prevede Michelin Pilot Sport 2 con pneumatici 285/30 ZR19 all’anteriore e 335/25 ZR20 al posteriore.
La sospensione anteriore si mantiene fedele alla classica configurazione SLA (short/long arm) con elementi tutti in lega di alluminio (braccio di controllo superiore ed inferiore), molle trasversali a balestra e ammortizzatori monotubo. La stessa cosa la si trova al retrotreno.
I freni sono naturalmente al top della tecnologia visto che sia all’anteriore che al posteriore vengono montati dischi in carbo-ceramica con pinze leggermente diversificate: a sei pistoncini davanti e a quattro dietro.

Archivio immagini: General Motors




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Bill Mitchell e Zora Arkus Duntov
Stilisti ed ingegneri in lotta per far prevalere le proprie idee. Quello che vi racconto è lo scontro culturale tra un designer innamorato delle proprie creazioni ed un ingegnere di fama mondiale che voleva far prevalere praticità e razionalità. Ecco la breve storia di una discussione tra Bill Mitchell e Zora Arkus Duntov, due uomini che hanno fatto la storia della Corvette.

Lo scontro di opinioni tra stilisti e ingegneri è un argomento che ricorre spesso quando si parla di automobili; alcune di queste discussioni passano però alla storia. Io che ho un debole per la produzione automobilistica americana voglio ricordare ciò che accadde quando fu il momento di sviluppare la nota Corvette Stingray del 1963. I personaggi in questione sono due figure leggendarie dell’automobilismo americano: il primo, Bill Mitchell, allora vice Presidente del Centro Stile di General Motors verrà certamente ricordato come uno dei più grandi designer americani. L’altro, Zora Arkus Duntov fu un ingegnere di indubbie capacità che diede un contributo di notevole portata al prodotto Corvette.

Bene, due uomini incredibili ma molto diversi tra loro; sta di fatto che nel 1963, quando fu il momento di concretizzare il prodotto Stingray, nacque un’animata discussione oggetto della quale era proprio il lunotto posteriore sdoppiato che rese famosa la Stingray di quel periodo. Ad intervenire per sedare gli animi fu un personaggio al di sopra di tutti e dotato dei necessari poteri per mettere a tacere i due. Il suo nome era Ed Cole e lui era il General Manager del Gruppo Chevrolet. Mitchell, e il suo uomo di fiducia Larry Shinoda, allora chief designer, avevano sviluppato un linguaggio formale che esigeva per la Stingray del 1963 il noto lunotto sdoppiato. La costola di lamiera che separava i due vetri posteriori era il perfetto completamento di ciò che si poteva osservare guardando la parte frontale della vettura. Dal canto suo Duntov non era granché interessato all’espressione artistica che i due avevano sviluppato ed era, al contrario, seriamente preoccupato per i problemi di visibilità posteriore che tale soluzione offriva. La cosa era ancora più preoccupante se si pensa che la vettura doveva essere impiegata anche nelle competizioni. Fu così che in breve tempo quelle linee e quello stile che erano la passione di Mitchell divennero il tormento per Duntov. L’intervento di Ed Cole fu decisivo e fondamentale; ricordiamo a questo proposito che Ed Cole fu capo ingegnere del gruppo Chevrolet dal 1952 al 1956 data nella quale venne nominato General Manager. La decisione che Cole prese accontentò entrambi i contendenti e creò, allo stesso tempo, un mito: la Stingray del 1963.

Ciò che Cole decise, infatti, fu che entrambi i partecipanti alla discussione avevano ragione e pertanto, senza scontentare nessuno, decise che la Stingray con lunotto posteriore splittato sarebbe stata costruita per un solo anno, il 1963 e mai più. Questa fu anche l’ultima decisione che Cole prese nei panni di General Manager del gruppo Chevy visto che nel novembre del 1961 fu promosso executive vice president al posto di Semon E. Knudsen, un altro illustre personaggio di cui avrò modo di parlare.


Archivio immagini: General Motors