2008 BMW M3 Cabrio - La più amata coupè di Monaco ora in versione scoperta per gli amanti della guida all’aria aperta

La nuova BMW M3 Cabrio è la terza variante di carrozzeria della vettura ad alte prestazioni accanto alla Coupè e alla berlina. Sotto il cofano il propulsore V-8 da 4 litri capace di 420 CV (a 8.400 giri/min) e una coppia massima di 400 Nm.

Il fascino di combinare un’automobile ad alte prestazioni con il divertimento della guida a cielo aperto ha una lunga tradizione nella BMW M GmbH. Vent’anni fa venne presentata la prima BMW M3 Cabrio. E anche nelle due generazioni successive la BMW M3 Coupè è stata sempre affiancata da una BMW M3 Cabrio.

Il concetto è dunque noto, ma la quarta edizione si distingue, dai modelli precedenti, per una caratteristica importante: per la prima volta gli occupanti della BMW M3 Cabrio possono far conto su un tetto rigido a scomparsa. Un sistema automatico, ad azionamento elettroidraulico, solleva i tre elementi del tetto rigido, li lascia scorrere dolcemente indietro e li nasconde, sovrapposti, all’interno della coda.

Dopo 15 anni e due generazioni di modelli, il leggendario motore sei cilindri, premiato varie volte con il titolo di engine of the year cede il passo al proprio successore. Il nuovo propulsore a otto cilindri sarà montato in tutte le varianti di modello della nuova BMW M3. I dati tecnici del propulsore ad alte prestazioni, sviluppato completamente ex novo, confermano l’alta competenza degli ingegneri di Monaco di Baviera. Con una cilindrata di 3.999 cc il nuovo motore V-8 eroga una potenza di 420 CV. La coppia massima di 400 Nm viene raggiunta a un regime di 3.900 giri/min. Circa l’85% della coppia massima è disponibile per un range di 6.500 giri/min.

Ma la caratteristica principale del motore a otto cilindri rimane indubbiamente la realizzazione del concetto dei regimi elevati che contraddistingue tutte le vetture M. Con i suoi 202 kg il motore V-8 della nuova BMW M3 è un vero peso piuma. Basti tener conto che sono ben 15 i chilogrammi in meno rispetto al motore a sei cilindri del modello precedente.
Il monoblocco del nuovo otto cilindri viene prodotto nello stabilimento BMW di Landshut, dove vengono fabbricati anche i blocchi motore dei bolidi del BMW Sauber F1 Team.

Il basamento è realizzato in una lega speciale di alluminio e silicio. Dato che gli elevati regimi e le pressioni di esercizio portano, in un motore di questo genere, a sollecitazioni estreme, per il basamento i tecnici hanno optato per una costruzione compatta di tipo bedplate. L’albero motore fucinato è relativamente corto e, oltre a presentare un’elevata resistenza a flessione e a torsione, pesa solo 20 chilogrammi.

Il V-8 BMW è anche equipaggiato con il comando variabile degli alberi a camme, il sistema noto come Doppio VANOS che si caratterizza per i tempi di attuazione eccezionalmente rapidi. Infine vale la pena sottolineare come il nuovo V-8 sia anche dotato della funzione Brake Energy Regeneration, un sistema intelligente di gestione dell’energia che aumenta ulteriormente l’efficienza del motore. La produzione di corrente per la rete di bordo viene attuata solo nelle fasi di rilascio del pedale dell’acceleratore o di frenata, così da caricare la batteria solo quando non viene richiesta potenza al motore. La trazione è affidata alle ruote posteriori tramite un cambio manuale a sei rapporti e un differenziale completamente nuovo.

Archivio immagini: BMW




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Bill Mitchell e Zora Arkus Duntov
Stilisti ed ingegneri in lotta per far prevalere le proprie idee. Quello che vi racconto è lo scontro culturale tra un designer innamorato delle proprie creazioni ed un ingegnere di fama mondiale che voleva far prevalere praticità e razionalità. Ecco la breve storia di una discussione tra Bill Mitchell e Zora Arkus Duntov, due uomini che hanno fatto la storia della Corvette.

Lo scontro di opinioni tra stilisti e ingegneri è un argomento che ricorre spesso quando si parla di automobili; alcune di queste discussioni passano però alla storia. Io che ho un debole per la produzione automobilistica americana voglio ricordare ciò che accadde quando fu il momento di sviluppare la nota Corvette Stingray del 1963. I personaggi in questione sono due figure leggendarie dell’automobilismo americano: il primo, Bill Mitchell, allora vice Presidente del Centro Stile di General Motors verrà certamente ricordato come uno dei più grandi designer americani. L’altro, Zora Arkus Duntov fu un ingegnere di indubbie capacità che diede un contributo di notevole portata al prodotto Corvette.

Bene, due uomini incredibili ma molto diversi tra loro; sta di fatto che nel 1963, quando fu il momento di concretizzare il prodotto Stingray, nacque un’animata discussione oggetto della quale era proprio il lunotto posteriore sdoppiato che rese famosa la Stingray di quel periodo. Ad intervenire per sedare gli animi fu un personaggio al di sopra di tutti e dotato dei necessari poteri per mettere a tacere i due. Il suo nome era Ed Cole e lui era il General Manager del Gruppo Chevrolet. Mitchell, e il suo uomo di fiducia Larry Shinoda, allora chief designer, avevano sviluppato un linguaggio formale che esigeva per la Stingray del 1963 il noto lunotto sdoppiato. La costola di lamiera che separava i due vetri posteriori era il perfetto completamento di ciò che si poteva osservare guardando la parte frontale della vettura. Dal canto suo Duntov non era granché interessato all’espressione artistica che i due avevano sviluppato ed era, al contrario, seriamente preoccupato per i problemi di visibilità posteriore che tale soluzione offriva. La cosa era ancora più preoccupante se si pensa che la vettura doveva essere impiegata anche nelle competizioni. Fu così che in breve tempo quelle linee e quello stile che erano la passione di Mitchell divennero il tormento per Duntov. L’intervento di Ed Cole fu decisivo e fondamentale; ricordiamo a questo proposito che Ed Cole fu capo ingegnere del gruppo Chevrolet dal 1952 al 1956 data nella quale venne nominato General Manager. La decisione che Cole prese accontentò entrambi i contendenti e creò, allo stesso tempo, un mito: la Stingray del 1963.

Ciò che Cole decise, infatti, fu che entrambi i partecipanti alla discussione avevano ragione e pertanto, senza scontentare nessuno, decise che la Stingray con lunotto posteriore splittato sarebbe stata costruita per un solo anno, il 1963 e mai più. Questa fu anche l’ultima decisione che Cole prese nei panni di General Manager del gruppo Chevy visto che nel novembre del 1961 fu promosso executive vice president al posto di Semon E. Knudsen, un altro illustre personaggio di cui avrò modo di parlare.


Archivio immagini: General Motors