Il sistema DieSotto montato sulla Mercedes F-700 sembra l’ultima vera rivoluzione in campo motoristico

Finalmente la convergenza sembra sia stata raggiunta: con il nuovo motore DieSotto Mercedes riassume in un unico propulsore le caratteristiche di basso impatto ambientale tipiche dei benzina e i ridotti consumi di combustibile tipici dei diesel.

Non si sa ancora molto a riguardo ma il motore sviluppato da Mercedes, e definito DiesOtto, è un 4 cilindri da 1.8 litri. Alla base del DiesOtto risiedono due tecnologie già note: la sovralimentazione mediante turbocompressore a gas di scarico e un sistema di iniezione diretta tipo common rail. A queste, però, bisogna aggiungere la capacità che il motore ha di modificare, a seconda delle esigenze, il rapporto geometrico di compressione.

Il sistema di sovralimentazione, in particolare, si basa su un turbocompressore a doppio stadio che garantisce prontezza di risposta. In aggiunta al motore termico troviamo un’unità elettrica da 15 kW (20 hp) che si occupa anche delle fasi di avviamento e ricarica. Il motore termico, dal canto suo, sviluppa una potenza massima di 175 kW (238 hp) mentre nel complesso il sistema raggiunge una coppia di 400 Nm. Quando il motore termico viene coadiuvato da quello elettrico la potenza massima esprimibile sale a quota 190 kW (258 hp).

Il motore DiesOtto, alla partenza, o a pieno carico, utilizza il funzionamento tipico del motore a benzina, e quindi con una candela che si occupa di innescare il processo di combustione. Ai carichi parziali invece il funzionamento viene convertito in quello tipico di un motore ad accensione per compressione. Con questa soluzione vengono, prima di tutto, limitate le emissioni di ossidi di azoto grazie al fatto che le temperature di esercizio si mantengono entro limiti accettabili. A completamento del quadro naturalmente va aggiunto il convertitore catalitico a tre vie che si occupa del trattamento finale dei gas.

Con questo motore la Mercedes F-700 accelera da 0 a 100 km/h in soli 7.5 secondi e raggiunge una velocità massima di 200 km/h. I consumi dichiarati sono molto buoni, soprattutto se si pensa alla cubatura del motore. Il costruttore, infatti, parla di 5.3 litri per 100 chilometri sul ciclo di prova europeo con un emissione massima di CO2 pari a 127 grammi.

Archivio immagini: Mercedes




Cerca negli archivi delle più belle auto americane. Troverai le ultime novità dal mondo USA e tanti consigli tecnici.
Corvette
Chevrolet Silverado
Chevrolet Tahoe
Dodge Challenger
Dodge Charger
Dodge Ram
Ford Mustang
GMC Sierra
Pontiac GTO
Chevrolet Camaro
Cadillac CTS
Pontiac Solstice
Ford F-150
Chevrolet HHR
Ford Explorer





Bill Mitchell e Zora Arkus Duntov
Stilisti ed ingegneri in lotta per far prevalere le proprie idee. Quello che vi racconto è lo scontro culturale tra un designer innamorato delle proprie creazioni ed un ingegnere di fama mondiale che voleva far prevalere praticità e razionalità. Ecco la breve storia di una discussione tra Bill Mitchell e Zora Arkus Duntov, due uomini che hanno fatto la storia della Corvette.

Lo scontro di opinioni tra stilisti e ingegneri è un argomento che ricorre spesso quando si parla di automobili; alcune di queste discussioni passano però alla storia. Io che ho un debole per la produzione automobilistica americana voglio ricordare ciò che accadde quando fu il momento di sviluppare la nota Corvette Stingray del 1963. I personaggi in questione sono due figure leggendarie dell’automobilismo americano: il primo, Bill Mitchell, allora vice Presidente del Centro Stile di General Motors verrà certamente ricordato come uno dei più grandi designer americani. L’altro, Zora Arkus Duntov fu un ingegnere di indubbie capacità che diede un contributo di notevole portata al prodotto Corvette.

Bene, due uomini incredibili ma molto diversi tra loro; sta di fatto che nel 1963, quando fu il momento di concretizzare il prodotto Stingray, nacque un’animata discussione oggetto della quale era proprio il lunotto posteriore sdoppiato che rese famosa la Stingray di quel periodo. Ad intervenire per sedare gli animi fu un personaggio al di sopra di tutti e dotato dei necessari poteri per mettere a tacere i due. Il suo nome era Ed Cole e lui era il General Manager del Gruppo Chevrolet. Mitchell, e il suo uomo di fiducia Larry Shinoda, allora chief designer, avevano sviluppato un linguaggio formale che esigeva per la Stingray del 1963 il noto lunotto sdoppiato. La costola di lamiera che separava i due vetri posteriori era il perfetto completamento di ciò che si poteva osservare guardando la parte frontale della vettura. Dal canto suo Duntov non era granché interessato all’espressione artistica che i due avevano sviluppato ed era, al contrario, seriamente preoccupato per i problemi di visibilità posteriore che tale soluzione offriva. La cosa era ancora più preoccupante se si pensa che la vettura doveva essere impiegata anche nelle competizioni. Fu così che in breve tempo quelle linee e quello stile che erano la passione di Mitchell divennero il tormento per Duntov. L’intervento di Ed Cole fu decisivo e fondamentale; ricordiamo a questo proposito che Ed Cole fu capo ingegnere del gruppo Chevrolet dal 1952 al 1956 data nella quale venne nominato General Manager. La decisione che Cole prese accontentò entrambi i contendenti e creò, allo stesso tempo, un mito: la Stingray del 1963.

Ciò che Cole decise, infatti, fu che entrambi i partecipanti alla discussione avevano ragione e pertanto, senza scontentare nessuno, decise che la Stingray con lunotto posteriore splittato sarebbe stata costruita per un solo anno, il 1963 e mai più. Questa fu anche l’ultima decisione che Cole prese nei panni di General Manager del gruppo Chevy visto che nel novembre del 1961 fu promosso executive vice president al posto di Semon E. Knudsen, un altro illustre personaggio di cui avrò modo di parlare.


Archivio immagini: General Motors